Coronavirus: come ci dobbiamo comportare con il pagamento dell’affitto?

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A causa del Covid-19 tutta la popolazione ha avuto una sensibile diminuzione e in qualche caso un completo azzeramento delle capacità economiche.
Non poter uscire e non poter esercitare liberamente la propria attività o professione ha reso particolarmente pesante il sostenimento degli obblighi presi: i canoni di locazione abitativi e gli affitti commerciali (leggi qui l’articolo) sono diventati un problema o lo diventeranno presto.

Come società immobiliare ed esperti in affitti, abbiamo ricevuto varie richieste di chiarimenti e di riduzione di affitto, e tanti proprietari si stanno preoccupando.

Infatti, entrambe le figure (inquilini e proprietari) si stanno chiedendo, da una parte se si può sospendere/ridurre/ritardare il pagamento dell’affitto e dall’altra parte come comportarsi in caso di morosità o per il pagamento delle tasse.

  • Il conduttore (inquilino) può smettere di pagare il canone?

Partiamo da pressuposto che NON è possibile sospendere i pagamenti della locazione, ossia per legge NON è possibile sospendere autonomamente i pagamenti del canone: il rischio sarebbe quello di esporsi ad una causa di sfratto per mororsità o a quanto meno ad una conflittualità con il proprietario/locatore.

  • Il locatore (proprietario) è obbligato a ridurre il canone a semplice richiesta del conduttore?

No, nessuno può imporre al locatore di ridurre il canone, neanche difronte a una crisi come quella che si sta abbattendo in Italia e nel mondo a causa dell’epidemia CoronaVirus.
Però tutti noi  abbiamo difficoltà a pagare regolarmente non solo i tributi e le imposte, ma anche i canoni di locazione degli immobili dovuto a questa emergenza.

Conviene trovare un accordo tra Proprietario e Inquilino?

Assolutamente sì.
L’accordo potrebbe prevedere ad esempio:

  1. Una riduzione del canone temporanea, di alcuni mesi, per poi ripartire come prima da una certa data;
  2. Una vera e propria sospensione temporanea del pagamento del canone… ad esempio: non viene pagato nei mesi di aprile e maggio 2020;
  3. Una semplice diversa rateazione degli importi: quindi lasciare il canone così com’è, ma ad esempio pagarne una certa cifra subito e la differenza più avanti, senza riduzioni;
  4. Una riduzione definitiva del canone, non temporanea ma a regime.
  5. Un’altra soluzione è valutare il canone concordato.
  • 1.Accordo di Riduzione Canone di Locazione:

Questo tipo di modifica al contratto originario non costituisce nuovo contratto e non deve necessariamente essere comunicato all’Agenzia delle Entrate e lLa durata contrattuale non cambia e pertanto la riduzione non costituisce novazione contrattuale e la scadenza della locazione rimane invariata.

Ma per dare certezza all’atto e per ottenere una minore tassazione dei redditi percepiti è opportuno procedere alla registrazione dell’integrazione del contratto originario. QUI una guida veloce su come fare.

  • 2. Accordo di sospensione temporanea

Anche la sospensione temporane deve essere accordata in forma scritta per evitare che il proprietario non paghi l’imposte su valori non percepiti. Anche qui meglio comunicarlo all’ADE e anche qui la situazio ne contrattuale non cambia e pertanto la sospensione non costituisce novazione contrattuale e la scadenza della locazione rimane invariata.

  • 3. Semplice diversa rateazione degli importi

Se invece il proprietario non vuole accordare una diminuzione della valore del canone, possiamo proporre una rateazione degli importi. Immaginiamo la sospensione per 6 mesi (marzo, aprile, maggio, giugno, luglio e settembre). Canone annuale di 9.000€, sospendiamo per un valore di 4.500€, maggiorando ad esempio le successive rate, da settembre 2020 a febbraio 2021,  di 1/6 dell’importo sospeso, fino a conguaglio. Ovviamente se si da disdetta prima del saldo, il conduttore deve pagare come da contratto in essere e restituire quanto non versato, essendo lo stesso stato accordato solo a titolo di dilazione e non di riduzione del canone contrattuale.

  • 4. Riduzione definitiva del canone

In questo caso la riduzione definitiva del canone ossia non temporanea ma a regime, fino a scadenza.  E’ comunque opportuno redigere una scrittura tra le parti per mettere “nero su bianco” e per ufficializzare il tutto, LA REGISTRAZIONE, cosi il locatore non dovrà dimostrare all’ufficio delle imposte la percezione di un canone inferiore e, sebbene tale prova può essere data con qualsiasi altro mezzo (ad esempio una scrittura privata sottoscritta dalle parti), non c’è dubbio che solo la registrazione fornisca una prova certa e inoppugnabile. Dunque la registrazione conviene al locatore che, in questo modo, si mette al riparo da eventuali accertamenti fiscali.

Il canone concordato è sempre una soluzione per entrambe le parti. La rivalutazione del canone di affitto pattraverso la convenienza del canone concordato. Questo prevede un canone calcolato sulla base degli accordi territoriali di zona, solitamente (MA NON SEMPRE) più bassi di quelli di mercato. A fronte di un canone più basso il proprietario ha forti agevolazioni fiscali, cedolare secca (calcolata al 10% ) e IMU (25% a livello nazionale e del 65% in città come Milano.

Cosa NON SI PUO’ fare:

Come anticipato prima, la prima cosa a NON FARE è smettere di pagare il canone, almeno senza parlare con il locatore prima.
Se l’affittuario continua ad abitare nella casa o, come nel caso degli studenti o trasfertisti e anche se non si trovano fisicamente nell’immobile, ma continuano ad essere titolari del contratto e a poterci tornare appena possibile, il regolare pagamento dell’affitto rimane la condizione essenziale per avere diritto sull’utilizzo della casa.

Risoluzione per GRAVI MOTIVI:

 Per evitare il pagamento del canone si deve necessariamente inviare una disdetta, citando l’emergenza del Corona virus come grave motivo.
Ma bisogna rispettare i termini di preavviso, dai sei mesi di base a periodi ridotti come 1 mese o 3 mesi, sempre se indicati in contratto. Si puo trovare un accordo con il proprietario.

Ci possono essere degli accertamenti fiscali per il proprietario?

Il Fisco calcola il reddito da fabbricati in virtù del canone annuo pattuito dalle parti nel contratto di locazione originariamente registrato. Proprio per tale ragione, suggerisco sottoscrivere una scrittura privata per fare in modo che il Fisco tenga conto dell’accordo di riduzione del canone e su quell’accordo determini le imposte dovute.

Hai bisogno di chiarimenti? Pensiamo noi a tutto.
Contattaci.

Prelievi e versamenti in contanti….

In Italia per l’utilizzo del denaro contante ci sono restrizioni e limiti, questo per contrastare i fenomeni di evasione e prevenire il riciclaggio. Ma il limite all’utilizzo del contante vuol dire anche limitare prelievi e versamenti.

I limiti per i pagamenti in contanti

Dallo scorso 4 luglio 2017 ci sono nuove sanzioni economiche per chi paga in contanti somme pari o superiori ai 3.000 euro: non più tra l’1% e il 40% dell’importo trasferito, bensì da 3.000 a 50.000 euro.

Fino a 2.999,99 euro è possibile spostare soldi cash da un soggetto a un altro senza forme né vincoli. Anche ai fini della validità di una eventuale donazione, in quanto l’importo può considerarsi di “modico valore” non è necessario il notaio.

Per importi da 3.000 euro in su è necessario procedere con bonifico bancario o postale, assegno non trasferibile, carta di credito o bancomat (cosiddetta carta di debito). Se l’importo poi viene trasferito a titolo di donazione, per la validità dell’atto (da un punto di vista prettamente civilistico e non certo tributario) è necessario il notaio salvo si proceda con una “donazione indiretta”.

Quando il prezzo di un bene o di un servizio è superiore a 3.000 euro, è possibile pagare in contanti frazionando il pagamento a rate, purché ciascuna di esse non sia superiore a 3.000 euro. Affinché, tuttavia, ciò sia possibile, è necessario che la dilazione a rate non appaia un artificioso mezzo per violare la normativa, ma corrisponda a prassi commerciali.

Al contrario, frazionare un pagamento in rate versate in contanti (anche se inferiori a 3.000 euro) è vietato se ciò è un modo per superare il limite all’uso dei contanti imposto dalla legge, valutazione questa che viene fatta caso per caso dal giudice oppure quando i pagamenti a rate sono realizzati in momenti diversi “ma in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni”.

Secondo il Ministero, per poter pagare in contanti e a rate un importo complessivamente superiore a 3.000 euro è necessario che vi sia un pregresso accordo scritto tra le parti e che ciò corrisponda a una prassi commerciale.

In generale il divieto dei pagamenti in contanti a partire da 3.000 euro non riguarda i rapporti con la banca e, quindi, i prelievi e versamenti sul conto.

I rischi

La legge consente al fisco di effettuare indagini bancarie sui conti correnti e, su tali dati, basare le proprie rettifiche del reddito e gli accertamenti fiscali. Da un lato l’amministrazione finanziaria può accedere alla cosiddetta “Anagrafe dei rapporti finanziari”, un database ove è riportata ogni informazione sui conti dei contribuenti; dall’altro lato è autorizzata a richiedere ulteriori notizie all’istituto di credito.

Il contribuente deve essere pronto a spiegare da dove provengono le somme versate sul conto se non sono state “denunciate” nell’annuale dichiarazione dei redditi, soprattutto se superiori alle sue disponibilità economiche. La mancata giustificazione della provenienza del denaro versato in banca può implicare un accertamento fiscale.

Per quanto riguarda gli imprenditori, dal 3 dicembre 2016 sono considerati ricavi – e quindi devono essere tassati – i prelievi “non giustificati” (senza l’indicazione del nome del beneficiario in contabilità o senza la sua comunicazione alle Entrate in caso di controllo) per importi superiori a 1.000 euro giornalieri e, comunque, a 5.000 euro mensili. Il rischio è quello di un accertamento fiscale e il pagamento di ulteriori imposte sui redditi. Questo solo se, in caso di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, il correntista non indica il soggetto beneficiario del prelievo, sempre che quest’ultimo non risulti dalle scritture contabili. Tale regola si applica soltanto ai titolari di reddito d’impresa e non ai professionisti.

Per tutti gli altri contribuenti i prelievi dal conto corrente sono liberi. Il dipendente della banca può tuttavia chiedere spiegazioni su come verranno usate le somme, tali informazioni servono solo per notiziare la direzione della banca in caso di sospetto di uso per fini di riciclaggio di denaro sporco; la direzione a sua volta, ritenendo i sospetti fondati, dovrà dare comunicazione all’Uif (Ufficio Informazioni Finanziarie) il quale a sua volta valuterà l’eventuale segnalazione alla Procura. La somma prelevata dal conto superiore a 3.000 euro però non può essere impiegata per pagare un unico acquisto di beni o servizi perché, in tal caso, si ricade nel divieto di trasferimento del denaro tra soggetti diversi sopra la soglia limite.

Per i professionisti un tempo valevano le stesse condizioni in essere per gli imprenditori, ma dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima tale equiparazione le cose sono cambiate. Oggi, dunque, i professionisti, come i lavoratori dipendenti, sono liberi di effettuare prelievi senza dover tenere traccia del beneficiario delle somme.

fonte: idealista

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Ma il contratto transitorio è valido anche se a canone libero?

NO NO e NO e ancora NO

Il contratto transitorio NON può avere il canone libero e non solo, sul contratto l’esigenza della transitorietà deve essere individuata nel testo e provata attraverso documentazione da allegare al contratto stesso. A Milano tutti i giorni vengono registrati contratti con una tempistica inferiore ai 18 mesi, ma non rispettano in minima parte le condizioni di cui parlerò.

Come ho scritto nell’ultimo articolo, una delle tipologie contrattuali previste dalla legge 431/98 è il contratto di natura TRANSITORIA, ma per trovare le caratteristiche normative  che regolano questo contratto dobbiamo fare riferimento a 3 decreti Ministeriali di cui l’ultimo del 16 gennaio 2017 del Ministero Infrastrutture  e Trasporti e agli accordi locali stipulati tra le associazioni di categorie, i famosi accordi territoriali o piu comunemente conosciuti come CANONE CONCORDATO.

come CARATTERISTICHE principali abbiamo:

DURATA….STESURA…..IMPORTO

LA DURATA deve essere minimo di 1 mese e massimo 18, la locazione si intende conclusa senza che sia necessaria alcun tipo di comunicazione dalle parti. é possibile il rinnovo (anche se non automatico) nel caso si verifichino ancora le cause di transitorietà o nell’accordo tra le parti a proseguire con il contratto di locazione, ma non più  di natura transitoria ma verrà sostituito con il classico 4+4. 
STESURA  questo deve essere predisposto usando uno schema  predisposto dal Ministero dei Trasporti e delle infrastrutture (Decreto ministeriale Allegato B), si distingue dal classico perché all’interno di questo  deve essere evidenziata la natura transitoria dello stesso, esempio, se la transitorietà è del conduttore, possiamo penare a un master o a un contratto di lavoro a tempo determinato, invece se la transitorietà è del locatore possiamo immaginare che questo sia andato all’estero per 12 mesi e al suo rientro, rientra in possesso del suo immobile. comunque questa transitorietà delle essere giustificata allegando la documentazione che l’attesta. Questo può essere scritto seguendo il modello tipo, importante è che ne segua il contenuto e i vincoli su durata e MISURA del canone.
IMPORTO  questo può essere deciso liberamente SOLO NEI COMUNI CON MENO DI 10.000 abitanti, laddove il comune dove si trova l’immobile ha piu di 10000 abitanti, ci sono degli accordi locali che stabiliscono  ed individuano  delle fasce di oscillazione all’interno delle quali  debbono essere compresi i canoni, come è nel COMUNE DI MILANO, DOVE IL CANONE DI LOCAZIONE RICHIESTO DEVE STARE DENTRO QUESTE FASCE. Nell’ultimo decreto del 2017, si prevede  che questo tipo di contratto può subire delle variazioni fino a un massimo di 20% dei valori.

RIASSUMENDO:

  1. durata massima non superiore a 18 mesi;
  2. importo del canone di locazione contrattato in linea con gli accordi  territoriali
  3. documentazione che documenti bene l’esigenza della transitorietà.

Per la tassazione questo contratto segue quella prevista dal 3+2 canone concordato, ossia 10% in regime di cedolare secca, a questa si aggiunge anche la riduzione del 25% di Imu e Tasi, prevista dalla legge di Stabilità del 2016.

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È obbligatorio ritinteggiare quando scade il contratto di affitto?

Stai per lasciare la casa in affitto e ti assale un dubbio: dovró ridipingere casa prima di andarmene? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Ecco cosa dicono la Cassazione e le relative sentenze dei giudici supremi.

Normalmente  giudici non prendono alla lettera la clausola del contratto che recita che l’inquilino deve «riconsegnare l’appartamento nello stesso stato in cui l’ha avuto», facendovi rientrare anche l’obbligo della tinteggiatura dei muri.

La giurisprudenza maggioritaria invece è del parere opposto. Ad esempio una sentenza facendo riferimento agli obblighi gravanti sul conduttore al momento della riconsegna dell’immobile al termine del rapporto locativo, rientrano nel normale degrado d’uso i fori da tasselli nel rivestimento della cucina derivanti dalla necessità di appendere pensili e i fori per il sostegno delle tende. Inoltre, la tinteggiatura non può essere posta a carico del conduttore, atteso che rientra nel normale degrado d’uso il fatto che dopo un certo periodo di tempo i mobili e i quadri lascino impronte sulle pareti.

L’inquilino deve sicuramente tinteggiare l’appartamento se ha fatto cambiamenti evidenti(per esempio, ha dipinto i muri con colori scuri o con dei graffiti).

Anche la Cassazione è d’accordo. Secondo la Corte, la clausola contenuta nel contratto di affitto che obbliga l’inquilino ad eliminare, al termine del rapporto, le conseguenze del deterioramento subito dall’appartamento per il suo normale uso (ponendo quindi a suo carico la spesa per la tinteggiatura delle pareti) è nulla. Essa infatti, addossando al conduttore una spesa di ordinaria manutenzione che invece la legge pone, di regola, a carico del locatore, attribuisce a quest’ultimo un vantaggio in aggiunta al canone, unico corrispettivo lecitamente pattuibile a carico del conduttore.

Secondo la Suprema Cortel’impegno a ritinteggiare l’appartamento assunto volontariamente dall’affittuario è nullo perché tende ad assicurare al locatore il vantaggio, non consentitogli dalla legge, di non sopportare l’onere economico delle spese del deterioramento della cosa determinato da un uso normale della stessa, che è compensato in parte anche con il canone di locazione.

 

Fonte: laleggepertutti.it

 

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L’ attestato di prestazione energetica Ape è necessario in affitto?

Il contratto di locazione é valido se il padrone di casa non allega la certificazione energetica?

L’ Ape (acronimo di «Attestazione di Prestazione Energetica») è un documento che descrive le prestazioni energetiche di un edificio, di un appartamento, di un negozio o di qualsiasi altra unità immobiliare. Serve per dare un punteggio all’immobile in termini di isolamento e consumo del calore; può altresì prescrivere delle raccomandazioni per il miglioramento delle prestazioni. Questo consente di valutare la convenienza dell’acquisto o dell’affitto e stabilire i costi che potrebbero derivare dai consumi del riscaldamento e, quindi, del gas.

In una casa in affitto, l’Ape è obbligatorio?

Il proprietario di casa deve allegare la certificazione energetica al contratto di affitto quando:

  • se intende affiggere un annuncio commerciale di locazione: tale annuncio, infatti, deve riportare l’indice di prestazione energetica e la classe energetica indicata nell’Ape; fanno eccezione gli annunci di locazioni di edifici residenziali utilizzati meno di 4 mesi all’anno per i quali dal 22 febbraio 2014 tale obbligo non sussiste;
  • concludendo un nuovo contratto di locazione di edifici o di singole unità immobiliari, se tale contratto è soggetto a registrazione. L’Ape va consegnato all’inquilino.

L’ Ape non è obbligatorio nel caso di:

  • affitti di natura transitoria di non oltre 30 giorni complessivi nell’anno (per i quali non c’è obbligo di registrazione);
  • contratti che non possono considerarsi nuove locazioni, come ad esempio proroghe, cessioni di contratto, subentro nei contratti in caso di cessione d’azienda.

Se l’ attestato di prestazione energetica non viene allegato al contratto di affitto non comporta la nullità di quest’ultimo, ma solo l’applicazione di sanzioni che vanno da 300 a 1.800 euro.

È possibile sfrattare l’inquilino senza Ape?

Secondo la Legge il proprietario che non allega, in caso di nuovo contratto di locazione, l’immobile di un attestato di prestazione energetica, è esposto ad una sanzione amministrativa non inferiore a 300 euro e non superiore a 1.800 euro. Non è però contemplata dalla legge l’invalidità del contratto nel caso di mancato adempimento da parte del proprietario dell’obbligo in commento. Pertanto se il contratto di affitto è stato regolarmente registrato sarà possibile procedere allo sfratto anche in assenza di allegazione dell’Ape.

Fonte: laleggepertutti.it

 

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Quali sono i costi totali d’affitto che bisogna sostenere?

Quando si parla di soldi le brutte sorprese non piacciono a nessuno. Sapere con certezza da subito quali sono i costi totali mensili da sostenere per un affitto, è importante per amministrare al meglio i propri risparmi, organizzando il futuro.

Nel caso di un contratto d’affitto l’inquilino e il locatore stipulano un accordo scritto necessario per vincolare le parti a diritti e doveri specifici. Pagando il canone di locazione il conduttore ha pieno diritto di servirsi della casa affittata, con l’obbligo di restituirla al termine del contratto così come le è stata consegnata.

Quali costi spettano al locatario?

Ma per il locatario le spese non si limitano al pagamento del canone mensile previsto. Egli deve infatti tenere in considerazione quelle spese collegate al godimento dell’immobile, necessarie per la buona vivibilità. Tra queste ricordiamo: le spese di consumo dell’energia elettrica, spese idrauliche, del gas, dello smaltimento dei rifiuti, eventuali spese condominiali.

In particolare, cita l’art. 9, primo e secondo comma, legge n. 392/78:

Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese   relative   al   servizio   di  pulizia,  al  funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia  elettrica,  del  riscaldamento  e  del  condizionamento dell’aria,  allo  spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonchè alla fornitura di altri servizi comuni.

Quali costi spettano al locatore?

Al proprietario spettano invece le “spese straordinarie” come il rifacimento della facciata del palazzo e di quei danni interni non causati dall’inquilino. Di fatto il locatore deve consegnare la casa in buono stato di manutenzione, adeguando l’immobile alle nuove disposizioni di legge, oltre a garantire all’inquilino il pacifico godimento della casa nell’ipotesi che qualcuno possa avanzare pretese sullo stesso.

Vi è poi un altro punto importante da considerare: le spese relative alla registrazione del contratto di locazione, a chi spettano?

Viene in questo caso in aiuto l’articolo 8 della legge 392/1978, che recita: le spese di registrazione del contratto sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali.

E’ di grande rilevanza capire fin da subito quali sono i costi che bisogna sostenere quando si decide di prendere in affitto un appartamento o una casa, in quanto non ci sono soltanto i costi relativi al canone di locazione mensile che deve essere giustamente pagato al proprietario, ma anche costi fissi e variabili accessori che bisogna mettere in conto.

Definire da subito il costo delle bollette, il costo del cibo, le spese condominiali previste e tenere un piccolo extra per gli imprevisti, vi permette di prepararvi al meglio ad affrontare i mesi di affitto concordati, evitando brutte sorprese.

In questo modo riuscire a risparmiare e programmare fin da subito i periodi di vacanza o gli svaghi che più ci piacciono, diventa semplice e soprattutto certo.

 

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Stesso immobile, regimi fiscali diversi tra i proprietari nel caso della locazione.

Come ci dobbiamo comportare se in un immobile in locazione con piu proprietari questi scelgno un regime diverso, ISTAT o CEDOLARE SECCA?

La dichiarazione del canone di locazione va effettuata, nel modello Unico dai singoli comproprietari in modo autonomo, dove ogn’uno provvede ad indicare il totale del canone annuo . Più in dettaglio, il comproprietario  che ha opzionato la cedolare secca (colonna 11) deve compilare nel riquadro RB del UNICO per le persone fisiche , indicando nella colonna 6 il 100% del canone contrattualmente previsto senza la maggiorazione da adeguamento Istat. Questo importo, rapportato alla percentuale di possesso (colonna 4), va trascritto alla colonna 14 (o 15 in caso di cedolare al 10%) e costituisce la base imponibile per la tassazione sostitutiva, se di entità superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%. L’altro coniuge, in regime di tassazione ordinaria indicherà, invece, alla colonna 6 il canone contrattuale (ridotto del 5%) maggiorato dell’adeguamento annuale Istat; alla colonna 13 riporterà la propria quota del 50%, se dal confronto con la rendita catastale rivalutata del 5%, risulterà di importo superiore.
Per completezza, la Circolare n. 26/E del 01.06.2011 dell’Agenzia delle Entrate –Direzione Centrale Normativa 2.3  afferma ”Si precisa che per gli immobili posseduti in comproprieta’ , l’opzione esercitata da parte di un solo locatore, comporta la rinuncia agli aggiornamenti del canone a qualsiasi titolo, anche da parte dei comproprietari che non hanno optato per il regime della cedolare secca. Tenuto conto che il canone e’ pattuito contrattualmente in maniera unitaria. Non appare, infatti, possibile differenziare l’ammontare in ragione delle quote di possesso di ciascun comproprietario.” Ci sono dei contrasti , perchè la scelta di estendere automaticamente e far gravare anche sul comproprietario in regime ordinario, la rinuncia dell’altro comproprietario in cedolare secca, all’adeguamento del canone,  risulta incompatibile con i principi generali dell’ordinamento giuridico, atteso che così ragionando ed operando si legittima un’impensabile “invasione” di un soggetto nella sfera economico-giuridica di un altro soggetto e nella sua libertà negoziale e decisionale.

fonte: sole 24 ore

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Sanzioni per chi non registra contratto di locazione

Per chi non registra un contratto di locazione e di affitto, vi è l’applicazione di una sanzione amministrativa, sono altresì violazioni soggette a sanzione, anche il parziale occultamento del corrispettivo e l’omesso o tardivo versamento dell’imposta di registro su annualità successive.

Sanzioni per le violazioni sui contratti di locazione:

  • Omessa registrazione del contratto: dal 120% al 240% dell’imposta dovuta;
  • Parziale occultamento del canone: dal 200% al 400% della maggiore imposta dovuta;
  • Tardivo versamento dell’imposta: 30% dell’imposta versata in ritardo.

Omessa ritardata registrazione locazione: ravvedimento operoso e sanzioni

Mediante il ricorso al ravvedimento operoso, il contribuente, regolarizza la sua posizione con il fisco per la tardiva registrazione dei contratti di locazione sia il tardivo pagamento dell’imposta di registro dovuta a seguito di proroga, e sia la risoluzione e cessione degli stessi.

La violazione relativa all’omissione della richiesta di registrazione può essere regolarizzata tramite ravvedimento operoso contratti locazione nei tempi e nella misura pari a:

  • entro 90 giorni dal termine di scadenza previsto, a condizione che si paghi l’imposta dovuta, gli interessi di mora e la sanzione ridotta – pari al 12% dell’imposta dovuta (1/10 del 120%) – e che, entro lo stesso termine, l’interessato presenti l’atto per la registrazione.
  • entro un 1 dal termine di scadenza previsto, purché si versi l’imposta dovuta, gli interessi di mora e la sanzione ridotta – pari al 15% dell’imposta dovuta (1/8 del 120%) – e che, entro lo stesso termine, l’interessato presenti l’atto per la registrazione.

Per regolarizzare la mancata effettuazione, alla scadenza prevista, del pagamento d’imposta dovuta, per esempio, per i versamenti successivi alla prima annualità, per la proroga, la cessione o la risoluzione di un contratto di locazione, occorre versare, oltre all’imposta non pagata e agli interessi di mora:

  • una sanzione dell’1,0% per ogni giorno di ritardo (1/15 del 15%), se il versamento è effettuato entro quattordici giorni dalla scadenza 
  • una sanzione del 1,5% dell’imposta dovuta (1/10 del 15%), se il pagamento è effettuato dal 15° giorno e comunque entro 30 giorni dalla scadenza
  • una sanzione dell’1,67% dell’imposta dovuta (1/9 del 15%), se il versamento è effettuato entro 90 giorni .

fonte: guida fisco

 

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Quanto costa registrare il contratto locazione 2018?

 

La Registrazione contratti locazione è obbligatoria sia per i conduttori che per i locatori entro un termine di 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza (se anteriore). 

Se il contratto è in cedolare secca non ci sono costi di registrazione o di risoluzione, ma solo nel caso dove ci siano dei subentri o modifiche al proprio contratto.

Se invece il proprietario NON opziona il regime di cedolare secca, ci sono dei costi come vi elenco di seguito.

Registrazione contratto di locazione: 

La Registrazione di un contratto di locazione può essere effettuata per via cartacea o online presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, dall’affittuario o dal locatario, o dalla società intermediare, nel seguente modo:

  • Presentando il nuovo nuovo modello RlI aggiornato alle istruzioni di settembre 2017;
  • Pagando un’Imposta di bollo da 16,00 euro ogni 100 righe di contratto.
  • Ricevuta di pagamento imposta di registro da versare con modello F24 Elide se il contratto di affitto non prevede la cedolare secca;
  • Allegando in unico file, uan copia del contratto di locazione da registrare + eventuale documentazione quale per esempio scritture private, mappe, dicitura APE.

Dopo la richiesta di registrazione del contratto, l’Agenzia delle Entrate:

  • Restituisce timbrata e firmata la copia del contratto se la registrazione è contestuale alla ricezione
  • Rilascia la ricevuta dell’avvenuta consegna e comunica al contribuente quando sarà disponibile la copia del contratto registrato. Questo avviene quando la registrazione non è contestuale alla ricezione ma differita.

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I vantaggi della locazione a Canone Concordato

Oltre la questione TEMPO, la locazione a canone concordato può essere una buona opzione per risparmiare, sia per il locatore che per il conduttore.

Trattandosi di un contratto di locazione a prezzi convenzionati rappresenta un vantaggio sia per l’inquilino che potrà pagare un affitto più basso, sia per il locatore che, dovendo pagare le tasse sulla locazione percepita, potrà beneficiare di una cedolare secca più bassa, pari al cioè al 10% (approvato in modo definitivo con Legge di Stabilità 2018)

Il contratto di locazione a canone concordato deve avere una durata non inferiore a tre anni, tacitamente rinnovabili per altri due anni.
Dal canone concordato non sono escluse le locazioni brevi che vanno cioè da 1 a 18 mesi. SONO invece esclusi glia affitti BREVI, quelli sotto i 30 giorni.

Gli importi massimi e minimi dei canoni stabiliti per il contratto concordato sono determinati a livello locale dalla contrattazione tra le associazioni dei proprietari e i sindacati degli inquilini e si basano sulle caratteristiche dell’immobile, sulla zona dove si trova e sul numero degli occupanti.

La locazione a canone concordato NON sempre è più bassa rispetto a quella determinata dai prezzi di mercato, pero di solito si, ma se andiamo a calcolare il risparmio fiscale, è notevolmente più conveniente in determinate situazioni.

Le agevolazioni fiscali per il proprietario

  • Riduzione IMU
  • Cedolare secca: aliquota  ridotta al 10%  per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nel Comune di Milano.
  • Riduzione del 25% dell’Imu e della Tasi per i fabbricati concessi in locazione a canone concordato. I commi 53 e 54 dell’articolo 1 della legge 208/2015 hanno previsto che, dal 2016, per gli immobili locati a canone concordato (definiti dalla legge 431 del 1998), i due tributi si determineranno applicando l’aliquota stabilita dal Comune nella misura ridotta al 75% per cento.

Agevolazioni fiscali per l’inquilino con reddito basso

Gli inquilini a basso reddito possono usufruire di detrazioni fiscali sulla dichiarazione dei redditi di:

  •  495,80 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro
  • 247,90 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro ma non a 30.987,41 euro.
  • Se il reddito complessivo è superiore a quest’ultimo importo, non spetta alcuna detrazione.

Agevolazioni fiscali per l’inquilino in TRASFERIMENTO PER MOTIVI DI LAVORO

A favore del lavoratore dipendente che ha trasferito la propria residenza nel comune di lavoro o in un comune limitrofo e ha stipulato un contratto di locazione, è prevista una detrazione di: 

  • 991,60 euro, se il reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro
  • 495,80 euro, se il reddito complessivo supera i 15.493,71 euro ma non i 30.987,41 euro
  • La detrazione spetta a condizione che:
    • il nuovo comune si trovi ad almeno 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque al di fuori della propria regione
    • la residenza nel nuovo comune sia stata trasferita da non più di tre anni dalla richiesta della detrazione.

Queste detrazioni spettano solo per i primi tre anni di trasferimento della residenza.

Agevolazioni fiscali per l’inquilino che studia all’università FUORI SEDE

  • Anche il contratto di locazione stipulato dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un Comune diverso da quello di residenza permette di fruire di un’agevolazione fiscale. In particolare, la detrazione spetta nella misura del 19%, calcolabile su un importo non superiore a 2.633 euro.
  • Gli immobili oggetto di locazione devono essere situati nello stesso comune in cui ha sede l’università o in comuni limitrofi, distanti almeno 100 Km da quello di residenza e, comunque, devono trovarsi in una diversa provincia.

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